Watkins Glen: un altro regno dei motori Ford
Dopo Monte-Carlo un altro circuito di successi per l’Ovale Blu
Un altro regno dei motori Ford. Watkins Glen è un minuscolo paese dello stato di New York ai confini con il Canada. Pochi abitanti (circa duemila), tanta natura incontaminata e nient’altro da segnalare.
Tanto che ai più il suo nome non dirà assolutamente nulla. O forse giusto qualcosa agli amanti dei telefilm, che nella sua descrizione ritroveranno similitudini con “Twin Peaks” e “Cabot Cove”.
Sennonché, a differenza di questi luoghi immaginari resi celebri da Laura Palmer e Jessica Fletcher (La Signora in Giallo), Watkins Glen esiste. Ed è un luogo del cuore per molti appassionati di corse automobilistiche, perché il suo circuito è stato teatro di venti gran premi di Formula-1 (oltre che di altre competizioni come la Nascar e la Indy Car) e soprattutto perché si è rivelato un altro palcoscenico prediletto dai propulsori dell’Ovale Blu dopo Monte-Carlo.
Watkins Glen: la marcia trionfale dei motori Ford
Qua, tra i vigneti delle colline sopra il lago Seneca, dal 1961 al 1980 l’otto cilindri più famoso del motorsport ha dominato la scena, aggiudicandosi undici edizioni: otto quando era ancora valida come Gran Premio degli Stati Uniti, le restanti con la nuova denominazione di Gran Premio degli Stati Uniti d’America Est, perché dal 1976 la Formula-1 aveva iniziato ad allargare la sua presenza negli States anche all’Ovest con una gara sul tracciato di Long Beach.
Fu il primo passo di un’espansione che l’avrebbe condotta, fra le altre, anche a Dallas, Detroit, Phoenix, Indianapolis, Austin e Miami. Fino all’approdo a Las Vegas il prossimo 18 novembre, anche se nella “città delle luci” il Circus era già sbarcato, fugace, a inizio anni Ottanta del secolo scorso su un altro circuito.
La marcia trionfale iniziò nel 1967, quando i Ford presero a rombare in Formula-1, grazie alla Lotus di Jim Clark, e proseguì ininterrottamente fino al 1974.
Per la gioia di sette piloti – oltre allo scozzese, Jackie Stewart (due volte), Jochen Rindt, Emerson Fittipaldi, François Cévert, Ronnie Peterson e Carlos Reutemann – e quattro scuderie – la già citata Lotus (quattro affermazioni), la Tyrrell (due), la Brabham e la Matra, che qui salutò per sempre le corse nel 1972.
Lungo questo ottovolante di successi, completato dalla doppietta di James Hunt su McLaren (1976 e 1977) e dalla Williams di Alan Jones nell’ultima edizione, i Ford stabilirono anche il record di pole-position (11), giri veloci (12) e arrivi a podio (32), dove furono sempre presenti e in quattro occasioni (1972, 1973, 1974 e 1977) ne occuparono addirittura tutte e tre le posizioni.
Watkins Glen: Ford più forte delle modifiche
Un dominio incontrastato nonostante le modifiche al circuito. Fino al 1970 il “Glen“, come lo chiamavano gli addetti ai lavori, era una maratona del rischio. Per la sua conformazione a saliscendi di appena 3,7 km composta da lunghi rettilinei intervallati da poche curve, tutte sopraelevate di 6° tranne la “Loop” e una della discesa delle “Esse” che saliva addirittura a 10°. Da percorrere 108 volte per un totale di 400 chilometri, obbligava i piloti al volante per almeno due ore a una media di 200 km/h!
Ritenuto poco adatto alla Formula-1, nel 1971 fu allungato a 5,4 km con lo spostamento della linea di partenza, l’introduzione della curva “90°” subito dopo il via e una serie di tornanti nella seconda parte. Le modifiche però non lo resero più sicuro. Tutt’altro. Complice l’innalzamento delle prestazioni delle monoposto e la scarsità delle vie di fuga, il “Glen” fu luogo di tragedie. Che investirono anche Ford.
Watkins Glen e i motori Ford: le tragedie
Nelle qualifiche del 1973, a bordo della Tyrrell con la quale proprio qui aveva conquistato la sua unica vittoria in Formula-1, perse la vita il francese Cévert, che si schiantò a oltre 200 km/h contro il guard-rail nel tratto delle “Esse”. Il team ritirò le altre due vetture dal gran premio dell’indomani e Jackie Stewart, amico e compagno di squadra di Cévert nonché uomo Ford da sempre, anticipò il suo addio al Circus fermandosi a novantanove gran premi in carriera.
Lo stesso punto del circuito l’anno successivo fu invece fatale per la Surtees dell’austriaco Helmut Koinigg. Una tragedia resa ancor più disumana dalla direzione di gara, che non interruppe la manifestazione e si limitò a coprire con un telo la vettura con il corpo del pilota al suo interno.
Quel 6 ottobre si assegnarono anche i titoli mondiali, conquistati dai motori Ford grazie a Fittipaldi (campionato piloti) e alla McLaren (campionato costruttori). Ma non ci fu niente da gioire. Come nel 1970 quando il “Glen“, posizionato sempre al termine del calendario e dunque talvolta decisivo per il mondiale, assegnò l’unica corona iridata postuma nella storia della Formula-1. L’austriaco Rindt, su Lotus Ford, era infatti deceduto il precedente 5 settembre nelle prove del Gran Premio d’Italia.
Watkins Glen e Ford: successi anche oltre la Formula-1
Al termine del 1980, nonostante gran parte dei piloti lo amasse per la sua conformazione che esaltava il loro stile di guida, la Formula-1 salutò per sempre il “Glen“. Era ritenuto troppo pericoloso dagli organizzatori, anche se le motivazioni erano altre e di carattere economico. Troppo distante dai centri abitati, non invogliava la partecipazione degli sponsor.
Ha invece continuato a essere teatro delle corse americane come la Nascar e la Indy Car. O le gare di durata, che approdarono su queste sponde già dal 1948 con la 6 Ore di Watkins Glen, riservata alle vetture Prototipi e alle Gran Turismo. E nell’edizione del 1968 fu proprio Ford a trionfare con Jackie Ickx e Lucien Bianchi a bordo della GT40.
Quella che aveva vinto a Le Mans nel 1966 e antesignana della GT odierna, disponibile in edizione limitata soltanto per la pista. A differenza delle altre auto dal design sportivo, tipo Ford Mustang o Ford Kuga, che si possono trovare nelle nostre concessionarie.