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“Plastic Road”: quando la plastica sposa l’ambiente

“Plastic Road”: quando la plastica sposa l’ambiente

Come combattere l’abuso di plastica? Semplice: passandoci sopra. Nel vero senso della parola. Ed è indifferente se con l’auto, in scooter, a piedi, in bicicletta o per trasportare merci. Perché le strade di plastica sono la frontiera per trasformare uno dei principali nemici dell’ambiente in una risorsa per un futuro più economico e più green.

A prima vista surreale o inverosimile, questa soluzione per la viabilità è sempre più crescente in più parti del globo. All’India che l’ha scelta già da vent’anni, pavimentando oltre 100.000 chilometri con una colla polimerica ricavata da rifiuti di plastica triturati, nel corso del tempo si sono aggiunti diversi Paesi, fra i quali anche l’Italia.

In Europa l’idea ha preso piede soprattutto in Olanda. Precisamente a Zwolle, città di oltre 100.000 abitanti a 110 chilometri da Amsterdam, nella quale l’11 settembre 2018 è stata inaugurata la prima “Plastic Road”: una pista ciclabile lunga trenta metri, corrispondente circa a 218.000 bicchieri e 500.000 tappi di plastica, partorita dalle menti di Simon Jorritsma e Anne Koudstaal, due tecnici di KWS, azienda leader nella produzione di materiali plastici e partner del progetto insieme a Wavin, altro esponente del settore, e l’azienda petrolchimica francese Total.

Replicato anche nello sperimentale Giethoorn (piccolo centro nelle regioni del nord quasi interamente pedonalizzato), questo progetto fiorito nella terra dei tulipani è un’interessante alternativa ecologica all’asfalto che, emettendo particelle di CO2 (se ne calcolano 27 kg per ogni tonnellata), provoca il triste fenomeno delle isole di calore, cioè l’aumento di temperatura nelle aree urbanizzate.

Nel 2017 anche la Scozia aveva inaugurato la sua prima “Plastic Road“. Merito della start up “MacRebur“, che ha perfezionato un procedimento per la produzione di pellet polimerici al posto di una parte del bitume.

Da noi invece si è fatto ricorso a dei polimeri termoplastici nella pavimentazione di diversi aeroporti, fra i quali il “Marco Polo” di Venezia, mentre sull’Ardeatina, strada a elevata percorrenza alle porte di Roma, troviamo oggi il primo tratto al mondo costruito con un supermodificante in grafene e plastica riciclata, il “Gipave”, alla cui creazione ha collaborato anche l’università “Bicocca” di Milano.

Ma oltre a quelli ambientali, quali sono i vantaggi delle plastic road? Composte da materiale PET riciclato e formate da componenti modulari leggeri, facili da spostare e veloci da installare, hanno tempi di costruzione ridotti del 70% rispetto alle arterie stradali che siamo abituati a conoscere.

La loro conformazione, oltre a permettere l’installazione sotterranea di tubi e cavi, faciliterebbe il rifacimento della segnaletica e richiederebbe una manutenzione più semplice e dilatata nel tempo. Si calcola infatti che in virtù della maggior resistenza della plastica, come dimostrato dalle strade indiane che non hanno accusato il minimo cedimento nonostante il transito dei veicoli, questo tipo di carreggiata possa durare almeno tre volte di più rispetto ai tempi richiesti dall’asfalto prima di essere sottoposto a interventi aggiustatori.

La plastica inoltre reagisce meglio alle intemperie, sopportando temperature oscillanti tra un massimo

Verso la guida autonoma: l’accordo tra Ford e Mobileye

Verso la guida autonoma: l’accordo tra Ford e Mobileye 

Guida autonoma. Viaggia in questa direzione, il futuro dell’auto. Verso un mondo dove i veicoli assolveranno le diverse fasi del trasporto – accelerazione, direzione, frenata, arresto, ecc. – senza l’ausilio dell’intervento umano. 

Il conducente sarà un normale passeggero e, anche se al momento l’obiettivo primario delle quattro ruote è il raggiungimento delle zero emissioni nel 2050 grazie all’affermazione su scala globale della motorizzazione elettrica, è possibile già intravedere qualcosa di quella che sarà la mobilità del domani. Sia a livello di strutture, basti pensare ai sempre più diffusi dispositivi di assistenza alla guida (come l’Active Park Assist, che agevola le manovre di parcheggio) presenti sui veicoli dei nostri giorni, che di infrastrutture.

Nel periodo di Ferragosto del 2020 la governatrice dello stato del Michigan (Stati Uniti), Gretchen Whitmer, aveva annunciato la costruzione della prima strada riservata ai veicoli connessi e autonomi. Sessantacinque chilometri che collegheranno le città di Ann Arbor e Detroit. Un progetto sviluppato da una partnership di più brand di fama internazionale, fra i quali c’è anche Ford che proprio in Michigan, a Dearborn, ha il suo quartier generale. 

Non desta certo stupore la presenza dell’Ovale Blu in un’idea così avveniristica, considerando la sua costante avanguardia tecnologica.

Dodici modelli della sua gamma (Focus, Edge, Galaxy, Ranger, S-Max, Tourneo Connect, Tourneo Custom, Nuovo Transit Chassis Cab, Transit Connect, Transit Custom, Nuovo Transit Minibus e Nuovo Transit Van) sono dotati dell’Adaptive Cruise Control, il sistema che mantiene la distanza di sicurezza dal veicolo che ci precede adeguando la nostra velocità alla sua, e del Lane Keeping, la vibrazione al volante che avvisa il conducente quando esce di traiettoria e sconfina in un’altra corsia.

Questo genere di dispositivi sono apprezzati dagli stessi clienti Ford, come evidenziato da uno studio pubblicato dalla casa americana, che riporta come in Europa, nell’ultimo triennio, l’acquisto dei suoi mezzi dotati di cambio automatico sia cresciuto dal 10.4% (2017) al 31.3% (gennaio 2020). Un incremento sinonimo di maggior desiderio di comfort e di una guida meno stressante, soprattutto in fasi caotiche come il traffico urbano. 

Ora, per rendere ancora più appetibili le sue creature, Ford ha stretto un accordo con Mobileye, azienda leader nel campo dell’informatica e impegnata proprio sul versante della ricerca per la guida autonoma.

Obiettivo? Sviluppare un sistema anticollisione ancora più evoluto dell’attuale. Al momento su nove suoi esemplari sono installati il sistema di frenata automatica, che rileva la presenza di pedoni o altri veicoli grazie a una telecamera e a un radar installati sull’anteriore, e la frenata automatica d’emergenza, in grado di arrestare all’improvviso il mezzo se rischia di tamponare quello

Come sconfiggere la crisi dei chip? Con la “pronta consegna”

Come sconfiggere la crisi dei chip?

Con la “pronta consegna”

Un’isola in mezzo al mare per scampare al naufragio. È la “pronta consegna”, uno dei servizi di punta dell’offerta di Authos, cresciuta d’importanza negli ultimi mesi al punto da assumere le sembianze di un vero e proprio rifugio. Per tutti. Concessionari e clienti.

Il motivo? La perdurante crisi del settore automotive. Dopo il 2020 della pandemia, ora è il turno dei chip. Le case automobilistiche sono a corto dei semiconduttori necessari al funzionamento degli innumerevoli dispositivi elettronici presenti sulle vetture (tettino dell’abitacolo, GPS, centralina per il climatizzatore, per i sedili con massaggio, per gli assistenti alla guida, ecc.). Una carenza che si ripercuote sulla produzione, ridotta in certi casi dell’80-90%, e che impedisce ai dealer di fruire dei beni con i quali soddisfare le esigenze degli utenti.

Una situazione figlia del lockdown, durante il quale chi fabbrica questi piccoli congegni ha concentrato i suoi investimenti su pc e smartphone a discapito delle quattro ruote, e di alcuni imprevisti come la portacontainer incagliata nel canale di Suez lo scorso 23 marzo, che ha rallentato le esportazioni dei pezzi in Europa. Impossibile per il momento prevederne la fine, c’è chi parla di sei mesi e chi invece di un anno.

Così il settore auto si ritrova alle prese con un problema ben più grande del Covid, come osserva il nostro presidente e CEO, Francesco Di Ciommo: “La pandemia aveva chiuso la domanda fisica del prodotto, ma l’imprenditore che voleva vendere doveva solo ingegnarsi per farlo a distanza, poiché effettivamente aveva disponibilità di prodotto. Invece ora la mancanza di prodotto si traduce, dal punto di vista economico, nella presenza di domanda accompagnata però dalla mancanza di offerta, poiché non si ha merce da vendere”. Ma c’è di più. Proprio per la sua penuria, il costo del bene sarà destinato inevitabilmente ad aumentare. “I concessionari oggi non hanno scelta e subiranno passivamente la carenza di prodotto che, tra l’altro, riguarda anche le materie prime. In generale stanno aumentando i costi di tutto ciò che riguarda l’utilizzo o meno dei microchip”.

Preso atto del problema, che cosa può fare un dealer per fronteggiarlo nel migliore dei modi? Innanzitutto, tenersi informato ed essere lungimirante. “Sei mesi fa abbiamo individuato e percepito il potenziale problema futuro, leggendo i giornali, guardando macro economicamente che cosa succedeva e comprendendo che ci dovevamo ristrutturare” premette Di Ciommo, che poi sottolinea la necessità di prendere dei rischi.

Abbiamo aumentato gli oneri finanziari, circa 70.000 euro al mese di più a seconda della quantità di auto che abbiamo preso. Gli organi di controllo mi hanno dato del matto, ma oggi è proprio grazie a questa scelta che abbiamo la possibilità di andare avanti per sei mesi, di far proseguire il ciclo naturale dell’azienda e creare conto economico”.

Infine, ecco calare sul tavolo la carta che permette di restare in partita: la “pronta consegna”. Il servizio che

Auto in “Pronta consegna”: tutto quel che c’è da sapere


Auto in “Pronta Consegna”: tutto quel che c’è da sapere

E’ davvero così complicato trovare un’auto in pronta consegna?

Non sei l’unico a domandarti quanti mesi dovrai attendere per ricevere la tua prossima vettura. Una condizione che riguarda migliaia di italiani, ai quali Authos ha deciso di venire incontro con una strategia ben chiara.

Scopri tutto nell’intervista ad Andrea Crescenzo, responsabile del Ford Store di Moncalieri.

Buona lettura.

Cosa significa Auto in Pronta Consegna?

Auto in Pronta Consegna vuol dire disponibilità immediata. Quindi per tutte quelle persone che hanno la necessità di avere una macchina in tempi brevissimi.

Una soluzione sempre più gettonata che da noi trova una completa realizzazione grazie a un’offerta che, come consuetudine, risulta essere ampia e inclusiva per rispondere a ogni tipo di esigenza.

Authos si è dimostrata negli ultimi anni come il dealer più importante in Italia in quanto a immatricolazione. Proprio per questo abbiamo cercato di inflottare un numero elevatissimo di vetture. Oggi abbiamo uno stock molto importante.

Questo può essere sia dedicato a un privato oppure ad aziende, quindi anche per flotte aziendali e veicoli commerciali abbiamo una vasta scelta di vetture in Pronta Consegna.

Che differenze ci sono con le Auto KM 0?

Pronta Consegna sono macchine disponibili che devono ancora essere immatricolate. Le auto Km 0 riguardano una nicchia particolare di vetture che sono già state immatricolate e sono disponibili per essere volturate al cliente finale. Queste vetture hanno degli sconti particolari e vengono vendute a dei prezzi molto competitivi.

Come funziona il servizio Pronta Consegna di Authos?

Il servizio “pronta consegna“ di Authos si estende su oltre mille vetture, tra nuovo, usato e veicoli commerciali.

Andiamo quindi a scoprire il funzionamento di questo servizio e le caratteristiche che permettono alla concessionaria Ford numero uno su Torino e provincia di confermarsi ancora una volta un punto di riferimento nel settore automotive.

Come accedere alla Pronta Consegna?

Usufruire del “pronta consegna” è semplice.
Non si deve far altro che esplicitarne la richiesta nel momento in cui si prende contatto con una delle sedi Authos.

FIRMA DIGITALE

Una nostra prima peculiarità prevede che ciò non avvenga necessariamente in presenza, ma anche a distanza.

i nostri colleghi hanno la possibilità tramite la videochiamata di potervi far vedere l’auto e scegliere insieme la tipologia di vettura, modificare eventualmente quali possono essere gli accessori, e con la firma digitale poter procedere all’immatricolazione.

Attraverso una videochiamata, un nostro consulente mostrerà e descriverà il veicolo al quale si è interessati.

Dopodiché, se corrisponderà alle sue necessità e ne sarà soddisfatto, potrà perfezionarne immediatamente l’acquisto grazie alla firma digitale.

VANTAGGI

Il vantaggio della Pronta Consegna è che si ha il bene nel minor tempo possibile. Quindi la velocità di ricevere subito il bene e sceglierlo.

Tra gli altri punti di forza del nostro servizio, la possibilità di scegliere tutti i colori della gamma del

Donne al volante: chi fu la prima in Italia?

Donne al volante: chi fu la prima in Italia?

Tra le pesanti ripercussioni sulla condizione delle donne afghane dopo il ritorno al potere dei Talebani potrebbe esserci anche la reintroduzione del divieto di guida. Un diritto conquistato a fatica nell’ultimo decennio, le cronache narrano come trecentocinquanta di loro avessero preso la patente nel 2017 nonostante forti ostracismi di natura sociale ed economica, ma comunque dall’alto valore simbolico. Basti pensare, infatti, che l’ultimo Paese del mondo ad aprire alle donne al volante è stata l’Arabia Saudita nel 2018.

Racconti di questa natura suscitano sconcerto, se si tiene conto della situazione nel resto del mondo. Soprattutto nell’emisfero occidentale. Dove la relazione tra le donne e l’automobile presenta una storia di ben altra natura, che affonda le sue radici alla fine del diciannovesimo secolo. Nel 1888 la tedesca Bertha Benz, moglie di Karl (considerato l’inventore dell’auto), fu la prima donna a compiere un viaggio sulla lunga distanza, percorrendo con i suoi bambini a bordo i cento chilometri che dividevano Mannheim da Pforzheim, due città della Germania sud-occidentale.

Notevole sviluppo alle quattro ruote arrivò anche da Oltreoceano. A due donne statunitensi, Dorothy Levitt e June McCarroll, si devono rispettivamente altrettante invenzioni che hanno fatto la storia della mobilità stradale: lo specchietto retrovisore e la linea di mezzeria.

Anche l’Italia non è stata da meno nel dare il suo contributo. Nonostante una società patriarcale e la difficoltosa condizione sociale delle donne, che hanno avuto un tardivo riconoscimento di alcuni diritti come il voto (soltanto nel 1946 poterono esercitarlo per la prima volta alle elezioni politiche), l’inizio del Novecento vide due signore lasciare un segno indelebile negli annali dell’automobile al punto da contendersi, in epoca contemporanea, il titolo di prima patente rosa del nostro Paese. I loro nomi? Ernestina Prola e Francesca Mancusio Mirabile.

Originaria di Exilles, piccolo borgo della Val di Susa in provincia di Torino dove era nata nel 1876, e moglie di un ingegnere delle ferrovie, Ernestina Prola nel 1907 ottenne dalla Prefettura con il controllo del Genio Civile la “licenza per la conduzione di veicoli“, il documento indispensabile per poter guidare le poche vetture allora circolanti che era stato istituito con il regio decreto regio n. 416 del 28 luglio 1901. Appassionata di motori, si tramanda che abbia avuto anche una esperienza come pilota da corsa.

Il suo primato però è stato messo in discussione a metà degli anni Duemila dall’ACAIS (Associazione Cultori Auto di Interesse Storico) in favore di Francesca Mancusio Mirabile. Nata nel 1893 a Caronia, provincia di Messina, da una famiglia di ricchi possidenti terrieri, già per i sedici anni ricevette come regalo dal padre (cavalier Luigi Mancusio) una “Isotta Franchini”, una delle auto più prestigiose del tempo dal valore di 14.500 lire. E nel 1913 superò l’esame, che si svolse sul Monte Pellegrino, grazie al quale conseguì il “certificato di idoneità a condurre automobili con motore a scoppio“, che le fu rilasciato dalla Prefettura

Alla scoperta di Monza, il tempio iridato dei motori Ford

Alla scoperta di Monza, il tempio iridato dei motori Ford

Che cos’è Monza? È il circuito preferito da Ford per salire in cima al mondo della Formula-1. Autentico totem del motorsport per la sua carta d’identità pressoché centenaria, fu costruito e inaugurato in poco più di cento giorni nel 1922 per volere dell’Automobile Club di Milano, il tracciato sede domenica 12 settembre della novantaduesima edizione del Gran Premio d’Italia ha un feeling speciale con l’Ovale Blu. Perché è il luogo dove i motori col suo nome, i celebri Ford Cosworth, hanno conquistato il maggior numero (sette) dei loro titoli iridati (ventitré) tra piloti e costruttori.

Simbolo di questa età dell’oro, compresa tra il 1969 e il 1978, è Jackie Stewart. Il corridore scozzese, anche consulente della casa di Detroit una volta ritiratosi, proprio sull’autodromo brianzolo si è consacrato alla storia dell’automobilismo. Nel 1969 cinse del primo alloro il suo casco e gli alettoni della tanto sconosciuta quanto inafferrabile Matra. Due anni più tardi vi arrivò fresco del bis, ma ancora affamato per regalare il numero uno anche alla sua monoposto, la Tyrrell. Con la quale nel 1973, sempre a queste latitudini, fu incoronato sovrano dei motori per la terza volta.

Era una Formula-1 romantica. Chi guidava, era un cavaliere del rischio perché le vetture erano fragili e le piste pericolose. A Monza, tanto per fare un esempio, oltre l’asfalto c’erano gli alberi. Per vincere però non c’era sempre bisogno della meccanica migliore, perché era un’epoca dove l’uomo al volante faceva sempre la differenza. Come il brasiliano Emerson Fittipaldi che nel 1972, in questo tempio della velocità, tolse lo scettro dalle mani di Sir Jackie e con i suoi soli punti (61) consentì che il rombo degli otto cilindri Ford facesse da colonna sonora anche alla gioia della sua Lotus.   

Amaro invece l’ultimo acuto, quello di Mario Andretti su Lotus, 10 settembre 1978. A oscurarlo, la tragedia del suo compagno di squadra, lo svedese Ronnie Peterson, morto in ospedale dove era stato ricoverato per la frattura alle gambe rimediata in un incidente al via. Un dramma non episodico. Perché, oltre alla fama e alla gloria, la storia di Monza narra anche dolori.

Nel 1955, durante alcuni test privati, perse la vita Alberto Ascari, ultimo italiano campione del mondo. Uscì di strada all’allora curva del Vialone, successivamente tramutata nella variante che oggi porta il suo nome. Dopo di lui la sventura colpì l’austriaco Jochen Rindt (qualifiche del 1970) e il tedesco Wolfgang Von Trips, che perse il controllo della sua Ferrari prima della curva Parabolica, travolgendo quindici spettatori. Era il 1961 e fu l’ultima edizione sul circuito di dieci chilometri. Già, perché allora il gran premio si disputava su un percorso comprensivo della peculiarità di Monza: l’anello alta velocità, conosciuto anche come “sopraelevata”.

Un ovale lungo 4,2 km e formato

Iva al 4% anche su ibrido ed elettrico: l’ecologia sposa la disabilità

Iva al 4% anche su ibrido ed elettrico: l’ecologia sposa la disabilità

Ecologia e disabilità. Due tematiche guardate con sempre più crescente attenzione da parte dell’automotive italiano e che dal 2020 hanno incrociato le loro strade. Merito delle importanti novità apportate alla legge 104, che ha esteso l’IVA al 4% anche a veicoli ibridi ed elettrici a seguito dell’approvazione da parte del Parlamento del decreto fiscale 124/2019

Per i primi, indipendentemente che siano mild-hybrid, hybrid o full hybrid, rimangono invariati i limiti di cilindrata entro i quali sarà possibile fruire dell’agevolazione: 2800 cc per i motori diesel e 2000 cc per quelli a benzina. Invece per quelli esclusivamente a batteria la soglia massima di potenza è fissata a 150 kW

Anche se non è utilizzabile sui mezzi di grossa cilindrata, questa estensione del benefit colma una lacuna sempre più grande col passare degli anni, visto che la legge 104 risale al 1992, quando alimentazione ibrida ed elettrica ancora non esistevano. 

Per usufruirne, sarà sufficiente che il diretto interessato presenti il certificato attestante la sua disabilità e l’autocertificazione di non averlo già adoperato nel quadriennio precedente. Il vantaggio, tra l’altro, è retroattivo: si ottiene anche se i requisiti sul piano burocratico saranno riconosciuti in un secondo momento. E le agevolazioni comprendono anche l’eventuale sostituzione dei beni che costituiscono l’ausilio alla guida per la persona portatrice di handicap. 

Ma non soltanto fisco. Dal 1° febbraio 2020, grazie al protocollo d’intesa “Self per tutti” – sottoscritto da FAIP, Onlus, Unione Petrolifera, e Rappresentanti delle Associazioni di Categoria – le persone affette da disabilità, una volta giunte negli spazi preposti per il rifornimento delle loro vetture, potranno chiedere l’ausilio dell’operatore al prezzo però del self-service. Ciò permetterà loro di risparmiare fino a 10 centesimi al litro

Per accedere a questa possibilità, i diretti interessati dovranno solo farne richiesta, dopodiché il personale della stazione di servizio espleterà le operazioni di accertamento. Al momento oltre 430 stazioni di servizio di tutta Italia hanno aderito al progetto. 

Confermate inoltre altre due agevolazioni per i disabili: la detrazione IRPEF e l’esenzione dal pagamento del bollo. La prima rimane al 19% delle spese sostenute fino a un massimo di spesa di 18.075,99 euro. Ciò significa che la riduzione più alta conseguibile è pari a 3.434 euro. Essa vale per un solo veicolo, si applica senza limiti di cilindrata su auto nuove e usate, e può essere richiesta fino a quattro anni successivi la sua data d’acquisto. Qualora

Equilibrio, visibilità e sicurezza: le regole per caricare i bagagli delle vacanze

Equilibrio, visibilità e sicurezza: le regole per caricare i bagagli delle vacanze

Trolley, valigie, zaini, borse, giochi per il mare, attrezzatura per le immersioni subacquee e altro ancora. Roberto, dieci anni, era quasi spaventato dalla marea di bagagli assiepata davanti all’auto di famiglia. L’indomani mattina, insieme ai genitori e alla sorella, sarebbe partito per le tanto attese vacanze e non stava nella pelle all’idea di raggiungere gli amici del mare. E anche la sua famiglia non vedeva l’ora di concedersi dieci giorni di completo relax dopo un anno di lavoro, appesantito dalle limitazioni imposte dalla pandemia.

Ora però si chiedeva se mai ci sarebbero arrivati, alla loro casa sulla riviera. Perché le cose da portar via erano davvero tante. E lo spazio della loro Ford Focus, a confronto, gli sembrava troppo piccolo. “Ma sono una montagna!” esclamò tra sé e sé prima di esternare i dubbi a suo padre, che stava arrivando con gli ultimi oggetti: “Papà, ma ce la faremo a caricarli tutti?”. L’uomo rispose con un sorriso, quasi si aspettasse quella domanda, e volle subito rassicurarlo. “Certo Roby, non preoccuparti. Si tratta di un’operazione più semplice di quanto possa sembrare”. Notò però ancora perplessità sul volto del figlio e allora lo invitò ad aiutarlo, così se ne sarebbe reso conto in prima persona.

“La prima regola da seguire” disse mentre apriva il portellone posteriore “è l’equilibrio. La macchina va caricata, ma non sovraccaricata. In poche parole, si deve iniziare dai bagagli più grandi e pesanti”. Al che prese i trolley con i vestiti di tutta la famiglia e li sistemò sul fondo del piano, a contatto col sedile posteriore, cioè il punto più vicino al baricentro della vettura. In questo modo i pesi erano ben distribuiti e il veicolo ne avrebbe guadagnato in stabilità. Incuriosito da queste spiegazioni, il piccolo Roby volle dare il suo contributo e tirò a sé due borse. In una c’erano i giochi per la spiaggia, nell’altra una serie di utensili per la cucina. Voleva metterle sopra le precedenti, ma erano troppo pesanti per le sue braccia. Il padre intervenne per evitare che si facesse male e poi le collocò ai lati del vano dopo averle rovesciate sul lato più lungo. “Perché non le metti al centro e in verticale?”.

La domanda fu un assist per parlare della seconda regola da tenere a mente: la visibilità. “Se facessi come dici, dovrei togliere il piano della cappelliera e formerei una piramide di roba che m’impedirebbe di vedere nello specchietto retrovisore. E questo, oltre che complicarmi la guida, costituirebbe condizione di pericolo. Per cui il piano è come l’argine per il fiume, il limite oltre il quale non possiamo andare”.

Queste parole furono il prologo al terzo e ultimo requisito. Più ampio e fondamentale: la sicurezza. “Tutti i bagagli, Roby, devono essere sistemati in modo da riempire tutti gli spazi a nostra disposizione e formare un blocco unico. Così la macchina è bilanciata

Ecoincentivi Authos: un’occasione per tutto il settore automotive

Ecoincentivi Authos:

un’occasione per tutto il settore automotive

Ecoincentivi, un’opportunità per tutti. Gruppi automobilistici, marche, concessionarie e utenti. Il 26 luglio il governo ha approvato il decreto “Sostegni-bis”, che prevede uno stanziamento di 350 milioni di euro sottoforma di ecobonus per il settore automotive. Una cifra inferiore rispetto alle precedenti erogazioni dell’estate 2020 (550 milioni di euro) e dell’inverno 2021 (420 milioni). Ma comunque di vitale importanza per ossigenare tutte le componenti del mercato delle quattro ruote: produttori, venditori e acquirenti. Perché si fanno ancora sentire le conseguenze della pandemia.

Secondo i dati dell’UNRAE (Unione Rappresentanti Automotive Estero) pubblicati dal mensile “Quattroruote”, le immatricolazioni dei veicoli in Italia del primo semestre di quest’anno hanno accusato una perdita del 18,3% rispetto a quelle registrate nello stesso arco temporale del 2019, cioè l’ultimo riferimento “pre-Covid”.

Per cui, se è evidente e anche prevedibile una crescita rispetto ai primi sei mesi del 2020 (+ 51,4%), siamo ancora distanti da una completa guarigione del settore. Anche perché minato da altre problematiche. Come la chiusura di alcuni stabilimenti a causa della rimozione del blocco dei licenziamenti.

A fronte di tutto ciò è indispensabile che l’universo dell’auto benefici del sostegno governativo. Anche stavolta comunque sbilanciato verso la rottamazione, la prima immatricolazione e la green mobility.

Chi nelle prossime settimane comprerà un’auto nuova e totalmente elettrica (emissioni da 0 a 20 g/km di CO2) o ibrida plug-in (emissioni da 21 a 60g/km di CO2) dal valore massimale di 50.000 euro (Iva esclusa), cedendo indietro la sua vecchia a patto che sia immatricolata entro il 31/12/2010, fruirà di contributi, rispettivamente, di 8.000 e 4.500 euro.

Mentre chi acquisterà una vettura della terza fascia (emissioni da 61 a 135 g/km di CO2) dal valore di 40.000 euro (Iva esclusa), composta da alimentazioni ibride, a benzina e bifuel, beneficerà di uno sconto di 1.500 euro.

Tutt’altro approccio invece da parte di Authos. Anche in questa occasione, come nelle precedenti, le nostre offerte non lasciano per strada nessuno. E abbracciano l’usato, la non rottamazione (se si è in possesso di un veicolo immatricolato dopo il 1°gennaio 2011) o l’acquisto di un veicolo fino a 60 g di CO2, e i veicoli commerciali. Un ventaglio di opzioni forte di sconti di gran lunga maggiori rispetto a quelli statali.

Per le vetture nuove si va infatti dai 21.550 euro di bonus (“con” o “senza” rottamazione) della Ford Explorer ai 6.650 euro (con rottamazione), o 5.750 euro (senza rottamazione), della Ford Puma. Mentre per i veicoli commerciali ci si muove tra un risparmio di 19.300 euro (“con” rottamazione) per il Ford Transit Van Hybrid e i 5.600 euro (“senza” rottamazione) per il Ford

L’eterno fascino di Silverstone, la culla della Formula-1

L’eterno fascino di Silverstone, 

la culla della Formula-1

Un evergreen dal fascino immortale. Dove storia e velocità si fondono in un’atmosfera magica e adrenalinica al punto che sembra di stare in un luogo fuori dal tempo. Questo e molto altro è Silverstone, uno dei circuiti simbolo delle corse e soprattutto della Formula-1.

Perché fu proprio qui, nel profondo delle campagne del Northamptonshire, centrotrenta chilometri a nord-ovest di Londra e le sole tonalità del verde come colori, che si corse il primo gran premio valido per il campionato del mondo. Era il 13 maggio 1950, un sabato. Vinse un italiano, Giuseppe Farina, su una vettura italiana, l’Alfa Romeo, a oltre 150 km/h di media. Un’ode alla velocità – la sua “158” sprigionava 350 CV contro i 995 CV della Mercedes di oggi – composta su quattro rettifili ricavati da una base della RAF (la compagnia aerea britannica) durante la seconda guerra mondiale e accordati da otto curve destinate a un posto nella memoria di tutti gli appassionati: la Copse, la tris Maggots-Becketts-Chapel che permetteva di arrivare veloci sull’Hangar Straight, che a sua volta conduceva alla Stowe. Poi Club e Abbey, da percorrere senza respiro se si voleva fare il tempo, prima della variante Woodcote, che immetteva su un traguardo insolito visto che era in curva

Roba da cuori forti e piedi pesanti. Tanto che qui Keke Rosberg (Williams) stabilì il record di velocità per una pole-position, rimasto imbattuto per diciassette anni: 259,005 km/h. Era il 1985 e fu l’ultimo giro per il Silverstone delle origini.

Negli anni a seguire, per ragioni di sicurezza, il tracciato andò incontro a profonde modifiche che lo hanno rallentato nella percorrenza, aumentando le curve a diciotto e la distanza da 4.719 a 5.891 metri. Spostata, dopo la Club, anche la partenza. Almeno per la Formula-1. Perché le categorie minori e il motomondiale continuano a scattare dal via tradizionale. Le profonde trasformazioni non hanno però intaccato l’alta competitività di questa pista, cartina tornasole per misurare la bontà di una monoposto perché richiede un ottimo connubio tra potenza e aerodinamica insieme a un’efficace gestione delle gomme. Per cui chi va bene da queste parti, è solito togliersi molte soddisfazioni nel resto della stagione.

Organizzatore dell’evento è da sempre il RAC (Royal Automobile Club), autore anche della speciale coppa in oro (3kg per 64 cm) dal valore di 100.000 sterline per il vincitore, che dal 1963 elesse il tracciato a sede del Gran Premio di Gran Bretagna per gli anni dispari, alternandolo fino al 1986 con un altro santuario del brivido, Brands-Hatch. Poi “l’area boscosa”, secondo una traduzione del nome dall’inglese antico, è diventata tappa fissa del calendario iridato, tanto da essere al terzo posto come edizioni (56) dietro a Monza e Monte-Carlo. E raccontare la sua storia equivale a narrare una parte della storia della Formula-1.

Silverstone ha battezzato la prima pole-position e la prima vittoria della Ferrari (1951) e della Williams (1979), nell’occasione motorizzata Ford, nella

Authos e lead generation: dove niente è lasciato al caso

Authos e lead generation:

dove niente è lasciato al caso

“Il lead è l’ultima goccia di acqua nel deserto”. Così Francesco Di Ciommo, presidente e CEO di Ford Authos, ha definito la lead generation. Vale a dire il cuore pulsante del nostro modello di business, che ha preso il via proprio col suo insediamento ai vertici dell’azienda nel 2014 e che nel corso di questi anni si è rivelato una scelta vincente.

Se la capacità di generare contatti interessati al prodotto di riferimento è una delle strategie più diffuse nel mondo dell’impresa, è anche vero che ciascuna realtà la sviluppa secondo una propria filosofia. Quella di Authos è la felice combinazione di umano e digitale, dove niente è lasciato al caso. A cominciare dall’utente, che viene sempre seguito e gestito dall’inizio, cioè da quando chiede informazioni su un modello di vettura o manifesta interesse verso una nostra iniziativa attraverso i social network, alla fine, ovvero quando acquista il mezzo più congeniale alle sue esigenze.

Un processo intenso e reso possibile dall’impegno senza sosta di tre microcosmi dell’universo Authos: il BI (Business Intelligence), il BDC (Business Development Center) e il DM (Digital Marketing). Il primo, dove sono impiegate tre persone, ha il compito di raccogliere il lead. E lo fa con una strategia mirata a ottenere un ingaggio molto qualificato. All’utente, oltre ai dati anagrafici e i recapiti per essere contattato (numero di telefono e posta elettronica), viene chiesto il tipo di auto che possiede, la marca, il modello, l’anno e il numero di chilometri. Tutte informazioni funzionali a capire i suoi bisogni e a quale sia il tipo di offerta più congeniale per soddisfarli.

A questo punto entra in gioco il BDC, che con le sue risorse (al momento vi lavorano in quattordici) ha la missione di trasformare i contatti acquisiti in appuntamenti, fisici o telefonici, con uno dei cinquanta consulenti per la trattativa di acquisto. Se questa dovesse chiudersi, il lead verrà inserito in un database e verrà contattato per le azioni del post-vendita, come il tagliando o la revisione. Se invece la trattativa non dovesse concretizzarsi, il lead sarà collocato in un’altra banca dati e continuerà a ricevere offerte in base alle informazioni date al BI.

Componente determinante per il successo di questo modello di business è il digitale. Fin dalle prime battute la lead generation di Authos ha smesso di vagare nelle terre della comunicazione cartacea per spostarsi verso la nuova frontiera telematica: il web e, in particolare, i social network. Una scelta vantaggiosa innanzitutto sul piano economico, perché gli investimenti sono molto più bassi e, al tempo stesso, molto più potenti.

Un messaggio veicolato con un post su Facebook, o Instagram, i social network dove Authos è più attiva, raggiungono molte più persone rispetto allo stesso contenuto veicolato su una pagina di giornale. Il traffico virtuale è dunque centrale nel processo di lead generation e in tal senso è determinante il lavoro dell’ufficio marketing con

Authos a 18 anni: il mio punto di vista

Authos a 18 anni:

il punto di vista di Martina

‘Ciao sono Martina, ho diciotto anni e frequento il quarto anno del liceo scientifico. Grazie al progetto alternanza scuola-lavoro ho avuto la possibilità di entrare nel team Authos, una delle aziende del settore automotive più importanti del territorio piemontese. Ho scelto quest’impresa anche perché è stata completamente rinnovata e a partire dal 2014, con l’arrivo del nuovo presidente, l’azienda ha deciso di guardare al futuro assumendo numerosi ragazzi giovani e implementando un processo di digitalizzazione.

Durante la prima settimana di tirocinio, ho avuto modo di conoscere meglio i dipartimenti dell’azienda, iniziando da quello del marketing.  E’ qui che si cura la comunicazione interna ed esterna, viene gestito un budget dedicato alle campagne di advertising e definita la programmazione social media e del sito web.

Nei giorni in cui ho fatto affiancamento, stava avvenendo il lancio del nuovo canale ufficiale TikTok e sono rimasta particolarmente colpita dalla cura e del tempo necessari per realizzare ogni contenuto.

Successivamente sono passata al reparto BI (Business Intelligence), in cui si procede all’analisi dei dati che arrivano dai vari canali in cui l’azienda è presente. Ho imparato a utilizzare le tabelle pivot su Excel per realizzare i report mensili relativi alle vendite e anche a usare i programmi per inviare gli SMS promozionali.

In seguito ho visitato le sedi di Authos presenti sul territorio, restando qualche ora in più allo Smart Lab di Grugliasco, un concessionario all’interno del centro commerciale Le Gru, inaugurato nel 2017 e rinnovato pochi mesi fa. Qui ho affiancato i Lead Generator, figure professionali che si occupano della raccolta dei riferimenti e dei contatti delle persone interessate a una vettura o ad un servizio che l’azienda propone. Durante il periodo di formazione in questa sede, era presente una nuova vettura, la Mustang Mach-E. Un’auto che rappresenta un’enorme innovazione nel mondo Ford, poiché primo SUV della linea Mustang, ed unica Ford totalmente elettrica.

Per concludere il periodo di formazione sono passata infine al Business Development Center, detto anche BDC. I ragazzi che lavorano qui si occupano dei lead, cioè i contatti, e di soddisfare le loro richieste. Il compito principale è gestire le chiamate in ingresso e in uscita, fissare appuntamenti, rispondere a email ed sms.

Dopo aver terminato queste prime due settimane sono giunta alla conclusione che quest’azienda riassume perfettamente il concetto di ‘catena di montaggio’ introdotto da Henry Ford nel ‘900: ogni parte è specializzata in una mansione, ma nessuna di esse può esistere senza le altre e tutti i settori sono tra loro interconnessi.

L’esperienza che sto vivendo mi sta facendo capire che il mondo del lavoro oggi è fortemente meritocratico e di conseguenza è necessario impegnarsi sempre al massimo in tutto ciò che si fa per raggiugere gli obbiettivi prefissati. Mi auguro, tra qualche anno, di ritrovarmi a lavorare in una realtà fortemente stimolante e innovativa, in grado come quest’azienda, di accendere in me la curiosità e la voglia di imparare e lavorare duramente’.