Eliška Junková: la regina della velocità
Storia della prima donna vincitrice di un gran premio automobilistico
Quando l’amore fa sbocciare un talento che non si pensava di possedere. Al punto da divenire la prima donna di sempre a vincere un gran premio di automobilismo ed essere ribattezzata “la regina della velocità“. È la storia di Eliška Junková, pilota cecoslovacca del secolo scorso, autrice di altre indelebili pagine a tinte rosa del “Grande Libro” delle quattro ruote.
Su questo blog avrete letto come diversi punti fermi delle nostre vetture siano figli dell’intuito femminile. Dallo specchietto retrovisore pensato da Dorothy Levitt al tergicristallo di Mary Anderson per finire al riscaldamento di Margaret Ann Wilcox. Più complesso invece il rapporto tra le donne e il motorsport, binomio tra i più snobbati dal microcosmo motoristico maschile, che ha sempre ritenuto il genere femminile non all’altezza per competere.
Un pregiudizio sconfitto all’alba delle corse da questa signora nata il 16 novembre del 1900 a Olomuc, piccola città dell’allora Moravia che di lì a poco sarebbe stata inglobata nella neonata Cecoslovacchia.
All’anagrafe era però Alžběta Pospíšilová. Un nome che non aveva niente a che vedere con quello che l’avrebbe resa celebre. Sesta di otto figli, da piccola era stata soprannominata smíšek, “sorriso”, per l’espressione sempre radiosa del suo volto. Con la quale ha affrontato tutte le sfide di una vita romanzesca.
All’indomani della Prima Guerra Mondiale, Alžběta, non ancora Eliška, trovò lavoro nella filiale della “Banca di Credito di Praga” della sua città grazie alla sua ottima conoscenza delle lingue straniere. Contemporaneamente, conobbe un giovane banchiere, Vincenc “Čeněk” Junek, che presto divenne suo marito. Dopo il matrimonio, oltre ad assumerne il cognome declinato al femminile (Junková), cambiò anche il suo nome in Eliška.
Per lavoro Junková viaggiò molto. Fino a sistemarsi a Parigi, nel 1922, per ricongiungersi con l’amato consorte che, nel frattempo, era diventato tanto ricco quanto necessario per dare forma al suo amore per le corse automobilistiche. Una passione contagiosa. Perché anche Eliška ne rimase stregata. E una volta rientrati a Praga, prese lezioni di guida in clandestinità per ottenere la patente, dopodiché iniziò ad assistere il coniuge alle gare come meccanico. Ma i postumi di una ferita alla mano rimediata nel conflitto bellico lo costrinsero a interrompere l’attività.
Eliška decise allora di sostituirlo e il suo debutto al volante lasciò tutti a bocca aperta. Nel 1924 vinse la “Lochotín-Třemošná”, una delle più celebri competizioni locali dell’epoca. Si ripeté l’anno successivo, aggiudicandosene un’altra di analoga fama, la “Zbraslav-Jíloviště”, al volante di una Bugatti. Proprio col costruttore milanese lei e il marito strinsero una forte amicizia.
Nel 1926 arrivò la ribalta internazionale con la vittoria, a bordo di una Bugatti T35B sullo storico tracciato del Nürburgring, la mitica Nordschleife (21 km), nella classe due litri. Questo successo fece di lei la prima donna a vincere un gran premio e la consacrò agli occhi di stampa e pubblico come “la regina del volante“.
Nel biennio seguente Junková partecipò alla “Targa Florio“, la famosa corsa siciliana, ottenendo un quinto posto come miglior piazzamento e allargando la sua platea di estimatori. Perché riuscì a mettersi dietro “mostri sacri” dell’automobilismo quali Luigi Fagioli, René Dreyfus, Ernesto Maserati e Tazio Nuvolari. Nel 2023, al Museo Targa Florio di Collesano, è stata donata una targa in memoria di questa impresa.
La sua carriera pareva destinata verso nuove conquiste, ma si interruppe all’improvviso nel 1928. A causa della morte del marito in un incidente nel Gran Premio di Germania. Per Eliška, che era al suo fianco e rimase illesa, il lutto fu così doloroso che abbandonò per sempre le corse.
Nonostante il ritiro, rimase comunque nel settore dell’auto lavorando proprio per Bugatti come ambasciatrice nel mondo e fornendo consulenze a ingegneri e tecnici di grandi marchi come Porsche e della Mercedes. Però, dopo la Seconda guerra mondiale, la sua esistenza cambiò un’altra volta. Il governo comunista cecoslovacco ritenne il suo tenore sociale troppo alto e poco compatibile con i principi del socialismo reale, così le vietò i viaggi all’estero. La sua vita professionale ne risentì e lei precipitò nell’anonimato.
Ritornò ad avere popolarità nel 1973 con la pubblicazione della sua autobiografia, Má Vzpomínka je Bugatti (“La mia memoria è Bugatti”). E dopo la caduta del Muro di Berlino (1989) partecipò a una serie di manifestazioni celebrative organizzate sempre da Bugatti. Si spense a Praga all’età di novantatré anni.